C’ERA UNA VOLTA COSIMO, ANZI, C’È TUTTORA!

Pubblicato nel 1957, Il barone rampante è forse il più celebre fra i tre romanzi contenuti nella trilogia I nostri antenati. La storia è ambientata nel XVIII sec. in un utopico mondo settecentesco, omaggio all’illuminismo, epoca particolarmente cara a Calvino, il quale ci consegna la storia di Cosimo Piovasco Barone di Rondò, un ragazzino dodicenne che un giorno, per dispetto, per disobbedienza o non si sa per quale motivo, decide di salire su un albero e da questo non scenderà mai più.

La narrazione della storia viene affidata a Biagio, il fratello minore di Cosimo, storia che da molti è stata definita “per ragazzi”, ma che con molta più probabilità ha il fascino e il merito di essere un romanzo per tutti, tutti coloro abbiano voglia di guardare “oltre”.

Indipendentemente dall’età. Calvino narra una storia sì realistica ma utilizzando elementi di fantasia, aiuta il lettore a comprenderne il senso, almeno quello più profondo.


L’elogio all’illuminismo è presente in ogni pagina. Una assoluta e incondizionata fiducia nella ragione, l’unica in grado di combattere le superstizioni, i pregiudizi delle religioni e delle tradizioni e, in generale, di tutto ciò che limiti la libertà dell’uomo.

Cosimo trascorre tutta la sua vita sugli alberi. Su questi diventerà un uomo, su questi si innamorerà. L’allontanarsi del protagonista dalla terra e dalle convenzioni sociali gli consentirà di aprirsi a nuove possibilità, e non già per vivere diversamente quanto più per avvicinarsi agli altri, al mondo e ovviamente a sé stesso.

Si allontana dalla realtà ma lo fa solo in apparenza.
Se chiedersi il perché, forse, non è troppo importante, chiedersi “per cosa” è sicuramente d’obbligo.

Il tema centrale del libro non è la disobbedienza fine a stessa ma lo scardinamento degli schemi, di quegli schemi che tutti noi, come Cosimo, abbiamo sin dalla nascita, anzi, che tutti noi abbiamo proprio perché nati in un certo posto, in un dato momento storico e in una particolare famiglia.

Come lo stesso Calvino commenta: “la disobbedienza acquista un senso solo quando diventa una disciplina morale più ardua e rigorosa di quella a cui ci si ribella.”
Cosimo vuole forse insegnarci qualcosa? Vuole forse indicarci un metodo?

Pare ci voglia dire che possiamo esserci senza esserci, che possiamo contribuire senza apparire e che, soprattutto, la tanto agognata felicità passa solo attraverso un autentico contatto con noi stessi. Cosimo non fa altro che mettere distanza fra sé e il resto del mondo, pur continuando a farne parte. Questo è il suo segreto: distanza e non distacco.

Le avventure di Cosimo saranno tante e il suo saltellare da un ramo all’altro lo porterà nei posti più diversi, lo porterà ad incontrare paesi interi e a scoprire persone e personaggi di ogni genere, solo che lui a differenza del resto del mondo, del suo mondo, li vedrà da una prospettiva diversa pur riuscendo a partecipare fervidamente alla vita politica e culturale del suo tempo.

Il suo sarà sempre solo un “modo sospeso di essere nel mondo” e, per quanto paradossale possa sembrare, ci insegna ad allontanarci per avvicinarsi, e mettere quella distanza utile per guardare tutto nella prospettiva migliore.

Calvino, riuscendo nell’ardimentosa impresa di coniugare ispirazione realistica e invenzione fiabesca, ci regala con queste pagine un’ infinità di avventure, di personaggi e quindi di palpitazioni.

Scegliere uno solo di questi episodi, uno solo di questi personaggi sarebbe impossibile, ma sceglierne uno che li condensi tutti forse tanto impossibile non è.

L’incontro con Viola, una bambina bionda, carina, capricciosa e prepotente sarà l’amore di tutta una vita. Opposti in tutto, come il giorno e la notte (ma proprio per questo un’ unica cosa), tessono la trama della loro amicizia e del loro amore sempre a distanza (Cosimo, infatti, neanche in questo caso deciderà di scendere dagli alberi), tra inseguimenti reali e metaforici, attraverso un percorso di formazione e maturazione, imparando a conoscere sé stessi e l’altro, senza mai tradire la propria individualità.

Le parole che Calvino offre per mostrarci questo percorso e questo amore sono fra le più belle di tutto il libro ma, soprattutto, sono quelle giuste, giuste per descrivere il sentimento più potente, l’unico veramente in grado di accrescere il sapere di noi stessi: “si conobbero. lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’ era potuta riconoscere così.”

Cosimo lascia questo mondo fantastico e questa vita straordinariamente felice nell’unico modo possibile, o almeno l’unico possibile per uno come lui. Lo vediamo appendersi all’ancora di una mongolfiera e scomparire lentamente, e con lo sguardo riusciamo a vedere ancora quel ragazzino dispettoso che una vita aerea ha intensamente vissuto.

Possiamo anche noi fare altrettanto?

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