In principio era la QZERTY. Lettera 22 – un mito del design (e del giornalismo)

Nella biblioteca dei miei nonni se ne stava in disparte.

Composta e compatta, presenziava silenziosa, sotto fogli di vecchia data e libri di anatomia.

Spodestata nel suo primato da una violenta ondata di tecnologia, il suo colore mi ricordava il mare d’inverno e ogni tanto, con fare furtivo, davo una schiacciata a qualche tasto a vuoto, per poi abbandonarla nuovamente al lungo sonno. Immense, piccole, anonime gioie d’infanzia.

Il fascino della macchina da scrivere non ha bisogno di descrizione, ma la Lettera 22 è molto, molto di più.

Progettata nel 1950 da Marcello Nizzoli in collaborazione con Giuseppe Beccio per Olivetti (famosa azienda italiana, ai tempi sotto la guida di Adriano), la Lettera 22 nacque quando il design italiano era al suo apice: nell’entusiasmo del Dopoguerra videro la luce la Vespadi d’Ascanio, l’Arco per Flos, dei due Castiglioni, il telefono Grillo di Zanuso e Shapper e molte altre icone del made in Italy. Funzionalità e tecnologia furono le linee guida per la sua realizzazione.

Con 3,7 kg di peso e una tastiera QZERTY – 43 tasti ed 86 segni –  semplificata e ridotta nelle dimensioni (mancavano, infatti, i tasti 0 e 1, che si ottenevano dalla “o” e dalla “elle” e le lettere accentate), la Lettera 22 divenne memorabile esempio per la produzione successiva.

La custodia, in cartone agli esordi e in similpelle poi, permetteva il suo posizionamento in verticale. Inoltre, una piccola maniglia, posta su di un lato, e le dimensioni notevolmente ridotte rispetto alle concorrenti, la rendevano particolarmente adatta al trasporto.

Fu la confidente delle penne (o forse delle falangi) più note del secolo: tra i tanti ci furono Indro Montanelli, Enzo Biagi ed Alberto Moravia.

In vendita a 42’000 lire circa, la Lettera 22 era corredata di un disco microsolco 33 giri, in cui la voce registrata di Mario Soldati impartiva, su musiche di Franco Potenza, esercizi ritmico musicali di diteggiatura e dattilografia.

Assai distante dallo “styling fordista americano”, l’obiettivo di Olivetti e Nizzoli fu quello di trasformare una macchina fino ad allora da ufficio e del tutto strumentale, ad un oggetto  di consumo per un mercato di massa.

Esperimento riuscito in pieno.

Il successo di questo scultoreo mezzo fu infatti straordinario, il suo primato senza eguali: ogni italiano aspirava ad una Lettera 22 e la macchina da scrivere in plastica colorata con angoli smussati troneggiava orgogliosa nelle migliori vetrine delle città.

Con la mitica Lettera 22, Olivetti si rese famosa in tutto il paese e  “stile Olivetti” divenne sinonimo di design e qualità. La grande casa italiana influenzò altre aziende dell’epoca: basti pensare alle macchine da cucire Necchi (il modello Mirella fu disegnato dallo stesso Nizzoli), Borletti e Salmoiraghi o alle macchine da caffè Pavoni e Cimbali.

Nel 1956 vinse il Compasso d’Oro “in quanto esempio di ottima soluzione per le esigenze di portabilità legate alla tipologia di oggetto” e nel 1959 fu selezionata dall’Illinois Technology Institute come “miglior prodotto di design” degli ultimi cento anni. Da allora è parte della permanente del MOMA di New York.

Per mantenere un prezzo accessibile (realizzando economie di scala e vendendo consistenti volumi di macchine), l’azienda piemontese investì in una campagna pubblicitaria insolita e geniale. Il grafico Giovanni Pintori si occupò dei disegni di poster e manifesti e gli autori Giovanni Giudici e Franco Fortini curarono slogan e testi.

Le pubblicità, divertenti e colorate, facevano leva sulla facilità d’utilizzo dell’oggetto e sulla sua praticità e ne esaltavano valore culturale ed utilità, per grandi e piccini. Una vera chicca per la comunicazione di allora.

Tanto tempo è passato dal periodo di fama e gloria della Lettera 22. Tablet e pc invadono il mercato e Olivetti non è più l’eccellenza di una volta.

Qualche settimana fa, spulciando la bancarella di un rigattiere, mi sono imbattuta per caso in un ritaglio di giornale. A caratteri colorati, un po’ moderni e un po’ retrò, vi era scritto:

“Per imparare a scrivere a macchina ci vogliono: un foglio e una macchina per scrivere.

Il foglio può essere un qualsiasi foglio, ma la macchina deve essere una Olivetti Lettera 22”