La sua arte è raccogliere i frammenti del mondo con il loro rumore di fondo. (Denis Kambouchner)
A Torino, presso il PHOS – Centro Polifunzionale per la fotografia e le arti visive, è possibile visitare la mostra del fotografo di fama internazionale Michael Ackerman. PHOS è un centro culturale che unisce molteplici attività incentrate sulla produzione, diffusione e valorizzazione della fotografia e delle arti visive.
Fondato da un collettivo di artisti, fotografi e professionisti nasce con l’obbiettivo di realizzare e promuovere progetti fotografici, iniziative editoriali e mostre, con particolare attenzione verso il lavoro di giovani autori. Fondato da Elisabetta Buffa e Nicola Crosta ha come direttore artistico, Enzo Obiso.
Al suo interno vi è un laboratorio digitale di Fine Art e presenta due stanze ampie e luminose, adatte a raccoglie opere di grande dimensioni. In un’area riservata, vi è anche una foresteria, un monolocale attrezzato per permanenze di media durata, con tanto di cucina, per permettere agli artisti stranieri di soggiornare in centro città e seguire direttamente le stampe e l’allestimento della propria mostra in prima persona.
All’interno di questo panorama è stata allestita la mostra di M. Ackerman, con numerose immagini prese in prestito dalla galleria mc2gallery di Milano con cui PHOS spesso collabora.
Le fotografie in bianco e nero rappresentano le migliori immagini dell’autore. Una fotografia, sfuocata, mossa, sgranata volta a raffigurare un tempo e uno spazio indefinito in cui i soggetti e i paesaggi si perdono. È questa la particolarità di Ackerman, un fotografo che frammenta il mondo e lo spazio, cattura i ricordi di luoghi lontani e cerca di fermare il tempo in un’immagine.
Persone, strade, città, sono i soggetti principali rappresentati, spesso esplorazioni notturne, che hanno l’obbiettivo di catturare la luce e l’ombra di un mondo dormiente.
Nel suo periodo polacco, ritrae i quartieri di Cracovia, Katowice, Lodz e Varsavia con panorami lugubri, distese ghiacciate, case annerite dove domina un panorama innevato e desolato. Una particolare attenzione dell’artista va ai campi di concentramento di Auschwitz, luogo in cui morirono centinaia di ebrei, donne, bambini, zingari.
L’isolamento e la solitudine che rammenta la sofferenza di un luogo ormai storico, sono fissate sulla pellicola e spesso sono proprio i barboni, gli anziani, i malati ad essere i soggetti principali delle sue immagini, come il vecchio avvolto nel fumo di un sigaro all’interno della sua casa o i ritratti dei senza tetto nelle strade.
I volti che raffigura hanno sguardi intensi, doloranti, pieni di angoscia e sembrano anime perdute. Il movimento dei corpi nudi nello spazio, l’incompiutezza dei gesti e lo sfocato, ricordano fantasmi intrappolati che spingono verso l’obbiettivo per uscire dall’inquadratura.
Ackerman fotografa ciò che ama, quel che teme e ci ossessiona; le sue immagini non hanno tempo ma sono pezzi di memorie che documentano il mondo con l’intento di indagare l’inconscio dell’animo umano, fatto di emozioni, amore, e dubbi ma anche dalla semplicità della realtà quotidiana, come da un signore che passeggia per la strada, un tram sui binari, gli amanti che si abbracciano e i bambini che giocano.
È questa la poesia di Ackerman, il suo modo tutto personale di descrivere il mondo.
Michael Ackerman, nasce a Tel Aviv il 3 settembre 1967, emigra a New York e compie varie viaggi a Benares, in India, pubblicando in seguito un libro End Time City edito da Robert Delpire e Scalo che, nel 1999 ottiene il Prix Nadar.
Riceve l’International Center of Photography Award nella categoria giovane fotografo. Nel 1997 entra a far parte della galleria parigina VU’ dove espone dal 1999 al 2004.
Nel 1997 realizzerà il progetto Smoke, nome del gruppo creato da Benjamin, cantante, poeta, travestito e amante delle droghe sul quale successivamente Jem Cohen e Peter Sillen realizzeranno un documentario.
Continua i suoi viaggi tra Napoli, Parigi, Marsiglia e Berlino e nel 1998 scopre la Polonia dove si trasferisce per brevi periodi dell’anno con l’obbiettivo di catturare le lande innevate e desolate di Cracovia, Lodz, Varsavia e Katowice. Queste immagini otterranno il premio Roger Pic nel 2009.
Nel 2010 esce il suo ultimo libro Half Life che racchiude numerosi immagini del suo periodo polacco, dei paesaggi notturni e della gente incontrate nelle strade e quartieri delle città.
In Italia, è rappresentato dalla galleria milanese mc2gallery (Via Malaga, 4) e fino ad Aprile sarà in mostra a Torino presso lo spazio Phos – Centro polifunzionale per la fotografia e le arti visive (Via Giambattista Vico, 1).
Il 5 Aprile è previsto un incontro con il fotografo in studio.
Per maggiori informazioni contattare il sito www.phosfotografia.com