Qualcuno oggi, nel giorno dell’anniversario della sua morte, penserà a Giovanni Pascoli. C’è un posto però in cui la sua memoria è sempre viva: qui oggi, come ogni anno, secondo il volere della sorella Maria, una messa verrà celebrata in suo ricordo. Si parla della casa toscana del poeta a Castelvecchio di Barga, tra gli Appennini e le Alpi Apuane, una villa dipinta di un giallo antico, circondata da un giardino rigoglioso.
Se n’era innamorato subito, Pascoli, di quella casa. Era quello che cercava: un luogo ameno dove poter scrivere, dove poter trovare la tranquillità. Aveva voluto comprarla, arrivando a vendere cinque delle medaglie d’oro vinte ai certami di poesia latina ad Amsterdam: scherzosamente disse che aveva ricevuto l’aiuto di Orazio e Virgilio.
Finalmente nel 1902 la casa divenne sua; lì si trasferì insieme alla sorella Maria, la sua “Mariù”, e all’amato cane Gulì, rendendola il suo rifugio: “[…] piantai in terra sotto la grondaia, accanto all’uscio, l’erba Luisa che da più di dieci anni tenevo e portavo con me. E da allora quella fu casa mia”.
Giovanni, Maria e Gulì, nella casa toscana, riformarono il nucleo famigliare (il “nido”) da tempo perduto e ulteriormente ridottosi dopo il matrimonio della sorella Ida. Vivevano qui lunghe giornate: il poeta diviso tra il suo studio (dotato di tre scrivanie: una per i saggi, una per le poesie in latino e una per quelle in italiano) e il vigneto, da cui ricavava il vino che ancora oggi viene prodotto in suo onore, il Flos Vinae (“Il fiore della vigna”); “Mariù” tra l’organizzazione degli scritti del fratello e il ricamo.
La casa è organizzata su tre piani, di cui l’ultimo riservato oggi alla consultazione in loco dei volumi contenuti nella casa. Al piano terra si trovano la cucina (dotata di arnesi di ogni tipo, alcuni dei quali appartenenti alla tradizione romagnola), una piccola sala da pranzo e un archivio, precedentemente studiolo di Maria.
Il piano superiore è composto dallo studio del poeta, due biblioteche, una terrazza coperta e tre camere da letto: quelle di Pascoli e della sorella, simmetriche nella disposizione del mobilio e adiacenti, con le testate dei letti separate da un esile muro, e la terza, la “stanza di Bologna”.
Quest’ultima è chiamata così perché alla morte di Giovanni, nel 1912, Maria si aggrappò ai ricordi, dedicando la sua vita alla memoria del fratello nella casa che avevano tanto amato, e fece spostare in questa camera il contenuto della stanza di Bologna in cui lui era spirato, per ricrearla, per rendere gli ultimi momenti di Pascoli immutati e immutabili: sull’appendiabiti stanno ancora due giacche, la biancheria riposa nei cassetti.
Maria non volle che alla sua morte tutto questo andasse perduto, per questo, nel 1953, lasciò la casa in eredità al comune di Barga: un ultimo atto d’amore verso l’adorato fratello.
Come voleva lei, il poeta oggi vive ancora nel nido di Castelvecchio: quasi ci si aspetterebbe di vederlo, seduto a una delle scrivanie o in giardino, insieme a Gulì, tanto vividamente emerge il suo ricordo dai 12.000 volumi contenuti nelle librerie, o dalle innumerevoli fotografie da lui appese, scatti del maestro Carducci, dell’amico Puccini che fuma e ride sul terrazzo, dei suoi famigliari morti prematuramente.
Il rapporto dei due fratelli, ossessivo, al limite del morboso, trasuda da ogni angolo della villa, così come la gioia dei due di essersi ritrovati dopo le innumerevoli tragedie (l’assassinio del padre, la successiva morte della madre e di tre fratelli, la separazione, ancora bambini, verso vite differenti), la tenacia di Maria nell’aggrapparsi a ogni minimo brandello di quello che ormai era la sua sola famiglia, quasi annientarsi nella memoria intensa, adorante, di quel fratello poeta in fondo ancora bambino.
Nella villa di Castelvecchio è impossibile non provare malinconia, non riconoscersi nonostante tutto nell’anima dei due Pascoli, non sorridere al pensiero di quel bizzarro nucleo famigliare, due fratelli e un cagnolino, amato come un figlio, tanto che, quando i due dovevano assentarsi dalla casa gli scrivevano lettere piene di affetto: “Al dottor Gulì”.
Qui, tra gli alberi di limone e i vigneti, riposano tutti e tre: Gulì sotto una lapide in giardino, circondata dal verde, Giovanni e Maria nella cappella, in due tombe bianche, una sopra l’altra.
Il fascino della casa la rende un luogo emozionante. Al momento, sebbene visitabile, la villa è immersa nei preparativi per la presentazione di sabato 11 aprile, giorno dell’inaugurazione dopo i lavori di restauro, durati mesi; evento questo a cui sarà presente anche il ministro Giannini.
Il consiglio, per chi si trovasse a passare nei dintorni di Lucca, è di visitare questo luogo imperdibile, facendosi trasportare, dal racconto della guida, indietro nel tempo. Andando via sarà impossibile non rivolgere un pensiero ai fratelli Pascoli e ai loro anni finalmente felici nel rifugio di Castelvecchio.