L’amore e il sangue è uno dei migliori prodotti realizzati da Paul Verhoeven e chi segue il suo verbo sa quanto la sua filmografia sia ricca di prodotti sopraffini, caratterizzata dal tema costante della commistione di sessualità e violenza: Flesh+Blood non è da meno.. anzi.
Ambientato nell’Europa Occidentale del 1500, l’opera è a tratti blasfema, cruda come poche altre, truce, di una violenza inaudita, E’ un film cattivo, pesante, potente: ma non c’è solo il sangue, non c’è solo il dolore, la violenza intesa come stupro e la peste, c’è anche spazio per una riflessione sull’amore.
Rutger Hauer interpreta un mercenario del 1500 di nome Martin. Lui e i suoi amichetti (una combriccola di pittoreschi individui composti da: una prostituta incinta, un prete savonaroliano, una coppia di omosessuali, un bambino sadico e via dicendo) vengono assoldati dal nobile Arnolfini per riconquistare una sua città in preda al caos.
Per spronare i mercenari Arnolfini promette loro la possibilità di saccheggiare le case della cittadella per la durata di 24 ore. Così spronata, la compagnia pensa bene di riportare l’ordine razziando le case dei ricchi e stuprandone le figlie.
I patti non erano questi.
Se voi foste Arnolfini come avreste reagito ?
Immaginate di dire ai mercenari: “Ridatemi la cittadella e tutto il bottino è vostro”; però poi questi se ne infischiano ed iniziano a stuprare e ad uccidere come se non ci fosse un domani. Questo atteggiamento infastidisce, non trovate ?
Succede che i mercenari, fra cui il gruppetto di Martin, prosciugano quasi tutte le ricchezze della cittadella e, di conseguenza, Arnolfini è costretto ad uccidere parte di essi come monito. Nonostante tutto, Martin e la sua brigata si salvano ma pianificano di razziare parte del tesoro del nobile.
Come non bastasse, subito dopo la perdita del figlioletto Arcibiade, partorito morto dalla prostituta del gruppo, Martin viene investito da una follia mistica (un po’ alla Aguirredi Herzog). Convinto di essere guidato da Dio, ruba parte del bottino del nobile e rapisce Agnes, promessa sposa di Steven, figlio di Arnolfini, riducendo quest’ultimo in fin di vita.
La vergine Agnes tenta di nascondersi ma ben presto viene scoperta e, in una scena di una crudezza e di una cattiveria insostenibile, viene stuprata da Martin che però, alla fine, se ne innamora.
Il film, con la sua durezza e la sua estrema violenza, cattura l’attenzione sia del cinefilo più incallito sia di chi vuole semplicemente vedere roba estrema per il semplice gusto di farlo.
La pellicola d’altro canto è curatissima. Una ricostruzione storica minuziosa, un’opera che è vera dal punto di vista storico e umano, nel momento in cui il film contempla la dimensione più cattiva e animale dell’uomo.
Cattivo è il nobile, il figlio del nobile, Martin e via dicendo. Forse il meno cattivo è proprio il capitano che aveva guidato i mercenari all’assalto al castello e che ferisce gravemente una suora (di cui finirà per innamorarsi).
Forse la vera vittima nel film è proprio il capitano, costretto a dichiarare guerra ai suoi mercenari per ben due volte, passando così da anti-eroe a vittima. Il film, quindi, merita per l’ottima fattura, ma particolarmente per il cocktail di violenza che offre allo spettatore. Degna di nota è anche la colonna sonora di Basil Poledouris.
La cinica crudezza dell’opera, forse, si incrina in un’unica sequenza: il principe viene legato a un albero con una catena di ferro, ma un fulmine colpisce le catene e lui le spezza. Io sapevo che il ferro era un buon conduttore, ma un’altra cosa che sapevo è che in un film tutto è possibile.