La gelosia che si fa follia contro l’onore che impone di lavare i panni sporchi in casa propria. Questa è, a grandi linee, la grande lotta che si consuma ne Il berretto a sonagli,opera tra le meno note di Pirandello, portata in scena da Valter Malosti fino al 7 febbraio al teatro Gobetti di Torino.
La trama del breve spettacolo è semplice: una ricca signora siciliana, Beatrice Fiorìca (Roberta Caronia) è convinta che suo marito la tradisca con la moglie del loro scrivano Ciampa (lo stesso Valter Malosti).
Per appurare il tradimento e far scoppiare lo scandalo, manda Ciampa lontano a Palermo e tende una trappola al marito. Il giorno dopo Ciampa torna a casa Fiorìca e trova sua moglie in carcere per adulterio. Ma come la prenderà?
Scritta originariamente interamente in dialetto siciliano e rimaneggiata sapientemente da Malosti in modo da renderla comprensibile senza perdere di colore, Il berretto a sonagli è una tragedia sotto forma di commedia: nel vivacissimo intreccio di personaggi che si alternano continuamente sulla scena, si consuma il dramma di Beatrice, dominatrice della scena, paladina antimaschilista che si rifiuta di cedere all’imperativo di nascondere il tradimento per salvare l’onore, divorata da un’ansia di vendetta che tocca le vette della follia, disgustata dal rispetto che l’intero paese tributa al marito fedifrago.
Beatrice non ha paura della vergogna, lei vuole lo scandalo; ma nel suo piano distruttivo e autodistruttivo coinvolge anche un’altra persona, Ciampa, per cui lo scandalo è invece insopportabile.
Lo scrivano dirige così la sua vendetta non, come ci si potrebbe aspettare, verso la moglie, ma verso donna Beatrice, ritenuta da lui responsabile della sua sventura: non tanto è grave per Ciampa il tradimento, quanto la folla che urla “Becco!” al suo passaggio.
Lo spettacolo appare quindi tanto godibile e colorato nella scena quanto cupo nel contenuto: la vendetta di Ciampa accontenta in apparenza tutti e in realtà nessuno, lascia l’amaro in bocca, appare allo stesso tempo perfettamente coerente e senza nessun senso.
L’onore è salvo, la reputazione è ristabilita, ma il prezzo è altissimo e niente sarà più come prima. Il trionfo della corda civile insomma, che, come spiega Ciampa, è una delle tre che alloggiano nella mente umana: le altre due sono la corda seria e la corda pazza.
Se ascoltassimo sempre queste ultime ci smembreremmo a vicenda: è la corda civile a tenerci buoni e a permetterci di vivere in società. Ma è Beatrice che non ci sta ed è Beatrice che ha rovinato un innocente: è quindi Beatrice che deve pagare.
Il berretto a sonagli è una vicenda del tutto terrena e umana, ma non per questo perde di emozione e di profondità: le figure di Beatrice e di Ciampa, uniti nell’essere vittime e divisi nel modo di affrontare il peso dell’essere traditi, dominano il palco e assorbono su di loro tutta l’attenzione, rendendo gli altri personaggi semplici comparse mentre sul palco si urla, si piange, si corre, si soffre.
Ma la volutamente esagerata e a tratti sgraziata dinamicità della donna viene alla fine dominata anche fisicamente dalla compostezza dello scrivano, che anche se devastato dal dolore cerca in ogni modo di conservare la sua dignità, e quando il sipario cala apprendiamo la sconcertante verità che questa tragedia ci mostra: siamo tutti Pupi nel grande teatro del mondo, talmente affezionati al nostro ruolo che non solo lo accettiamo, ma vogliamo in fondo mantenerlo a tutti i costi.
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