In cosa consiste la verifica strutturale degli edifici

La verifica strutturale di un edificio già esistente e la valutazione della vulnerabilità statica e sismica sono i primi step da compiere quando si vuole dare il via ad una serie di interventi per migliorarne la prestazione nei confronti dell’attività sismica. La verifica strutturale di un edificio è dunque un argomento di grossa attualità, a maggior ragione in un Paese a forte rischio sismico e con molte costruzioni vecchie e non coperte da rischio sismico come l’Italia. In questo articolo, scritto in collaborazione con Isobloc andremo a comprendere insieme in cosa consiste la verifica strutturale di un edificio.

Verifica strutturale edificio: in cosa consiste

La verifica strutturale di un edificio preesistente analizza i materiali impiegati e le tecniche di modellazione usate al fine di individuare criticità e inadeguatezze della struttura, come stabilito dal Capitolo 8 delle Norme Tecniche per le Costruzioni. Può essere attuata sia all’intera costruzione che a parti di essa, tenendo comunque presente della loro funzione nel complesso della struttura. In seguito all’analisi della struttura, si può stabilire se l’uso della stessa potrà continuare senza interventi o se, al contrario, saranno necessarie modifiche. La verifica strutturale di un edificio si rende necessaria ogni qual volta si palesano peggioramenti evidenti rispetto alla situazione iniziale, sia che essi siano o meno indipendenti dall’azione umana. Rientrano tra le variazioni dipendenti dall’uomo:

  • interventi strutturali e opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo o dalle norme tecniche vigenti;
  • interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano con elementi aventi funzione strutturale riducendone la capacità e/o la rigidezza;
  • gravi errori di progetto o di costruzione;
  • cambio della destinazione d’uso con variazione significativa dei carichi variabili della costruzione.

Rientrano tra le variazioni indipendenti dall’azione umana:

  • fenomeni ambientali quali sisma, vento, neve e temperatura;
  • azioni eccezionali come urti, incendi, esplosioni;
  • significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali;
  • situazioni di funzionamento ed uso anomalo;
  • deformazioni significative dovute a cedimenti del terreno di fondazione.

Il margine di sicurezza deve essere definito sulla base di criteri probabilistici, date le caratteristiche aleatorie delle azioni e delle resistenze. Misurare la sicurezza di un edificio già esistente significa accertarsi che la domanda di prestazione rivolta alla struttura da parte delle azioni esterne cui è sottoposta sia minore o uguale della capacità di prestazione che la struttura è in grado di fornire. La Normativa Italiana e gli Eurocodici hanno implementato il metodo semiprobabilistico agli Stati Limite, oltre i quali la struttura non è più in grado di svolgere le proprie funzioni o non riesce più a soddisfare le condizioni per le quali è stata costruita. Questo metodo cerca di venire incontro sia alla necessità di abbassare al minimo il rischio di collasso di una costruzione, sia alla necessità di non alzare troppo i costi che derivano proprio dalla progettazione di strutture a bassa probabilità di collasso. Gli Stati Limite si dividono in Stati Limite Ultimi e Stati Limite di esercizio: i primi esprimono la capacità di evitare crolli o gravi dissesti che possano compromettere l’incolumità delle persone o provocare la perdita dei beni, mentre i secondi garantiscono le prestazioni previste per le condizioni di esercizio.