I TENENBAUM – IL MOSAICO DI UNA FAMIGLIA RACCONTATO DA ANDERSON

Partiamo dal presupposto che chiunque, nessuno escluso, vorrebbe vivere in un film di Wes Anderson. Considerato ormai come uno dei massimi esponenti della commedia contemporanea, il regista texano è in realtà molto di più, in primis un eccellente narratore.

Le doti di esteta sul set saltano sicuramente all’occhio dello spettatore prima di qualsiasi altra qualità, vista la maniacale perizia nella costruzione dei quadri cinematografici e nella caratterizzazione estetica dei personaggi, ma, come accade per molti altri autori, i suoi film necessitano di almeno due visioni per comprenderne a fondo tutti i pregi.

Divenuto noto al grande pubblico mondiale con l’ultimo successo planetario da quattro Premi Oscar Grand Budapest Hotel, Anderson si è lastricato la strada verso l’Olimpo di Hollywood con una serie di veri e propri gioielli cinematografici, tra i quali anche il film in questione, ITenenbaum.

Commedia assolutamente unica nel suo genere, la pellicola, risalente al 2001, non è che il racconto, tramite continui flash back, della storia familiare di Royal Tenenbaum (GeneHackman), alle prese con la moglie Ethelyn (Angelica Huston) e i figli, nonché con il proprio ruolo di capo famiglia svolto in modo tutt’altro che eccelso.

Le continue infedeltà di Royal portano alla separazione dalla moglie, causando dunque un rapporto con i figli destinato a perdersi nella mancanza di presenza e comunicazione, fino al momento in cui inizia la vicenda narrata nel presente dal film, nel quale Royal è ormai sparito dalla vita dei figli da almeno sette anni.

Sulle note di una versione strumentale di “Hey Jude”, il narratore (voce in lingua originale prestata da Alec Baldwin) inizia un lungo preambolo introduttivo sui prodigi della singolare famiglia Tenenbaum: Chas (Ben Stiller), genio della finanza fin dalla tenera età,Margot (Gwyneth Paltrow), la figlia adottiva, drammaturga di modesto successo (sebbene ormai inattiva da anni) e Richie (Luke Wilson), stella del tennis professionistico fin dai diciassette anni, e manifestamente il preferito dal padre.

L’incedere fiabesco del racconto proietta immediatamente lo spettatore davanti a ciò che i tre piccoli Tenenbaum sono divenuti, ormai in età adulta, dopo aver vissuto in modo piuttosto traumatico la turbolenta vicenda familiare: Margot, depressa e abbandonata alla più totale apatia, ha sposato uno psicologo molto più anziano di lei (Bill Murray), intento a condurre uno studio su un ragazzo affetto da evidente ritardo mentale.

Richie, ritiratosi dal tennis a ventisei anni, conduce una vita solitaria in perenne viaggio su una nave, lontano dagli Stati Uniti e, soprattutto, da Margot, che egli ama fin dall’infanzia, sentimento del quale naturalmente si vergogna, non sapendo di essere ricambiato.

Chas è invece tormentato da paranoie e attacchi di panico dopo aver perso la moglie in un incidente aereo, e cresce i propri figli Ari e Usi con l’ossessione per la sicurezza.

Quest’ultimo è inoltre il più amareggiato dall’atteggiamento del padre nel corso degli anni, tanto da rimanere indifferente quando Royal, espulso dall’Hotel in cui vive  in quanto insolvente dei debiti contratti negli oltre vent’anni di permanenza, si ripresenta a casa Tenenbaum annunciando di essere a sole sei settimane dalla morte, a causa di un cancro maligno.

Viene così riaccolto, non senza qualche evidente perplessità, dal momento che la moglie ha appena ricevuto una proposta di matrimonio dal suo commercialista Henry, il quale tiene costantemente d’occhio il geloso Royal, sospettando dal suo atteggiamento che egli stia fingendo la malattia per recuperare la propria famiglia e, soprattutto, per riconquistare Ethelyn.

L’ultimo personaggio da citare, lo “scrittore maledetto” Eli Cash (Owen Wilson), rappresenta la contraddizione di base del film. Da sempre migliore amico di Richie, e dunque ormai quasi inserito in famiglia, egli si trova a vivere la volontà disperata e ridicola di essere un Tenenbaum a tutti gli effetti, vista l’immagine pubblica idilliaca di ricca famiglia prodigio, in evidente contrapposizione con la reale situazione del nucleo familiare, fatta di legami impersonali, di abissale distanza, e di una montagna di incomprensioni che nessuno pare aver voglia di scalare.

Lineare la vicenda, incredibilmente complesso l’argomento da trattare.

Ed è qui che le doti narrative dell’autore entrano in scena, realizzando una pellicola dall’ineccepibile equilibrio tra serietà e comicità, tra dramma vero e proprio e lieto fine, con un dosaggio perfetto di tutti gli ingredienti.

Ogni rapporto analizzato all’interno del film ha come proprio vertice i trascorsi con il padre Royal, che ricopre una evidente centralità all’interno degli equilibri familiari, nonostante sia effettivamente la madre a crescere i figli.

Particolare importanza ricopre il rapporto controverso tra Richie e Margot, innamorati segretamente l’uno dell’altra, e nucleo centrale della svolta propriamente drammatica all’interno del film.

Ogni battuta e ogni sguardo tra i personaggi sono votati a descrivere un’emozione, una sensazione, sommando tutta una serie di elementi che, alla fine, mostrano nella sua totalità quello che definire un quadro familiare sarebbe davvero troppo riduttivo.

Il cast stellare naturalmente non delude, coronando la pellicola con una prova recitativa eccezionale, che è valsa al protagonista Gene Hackman un Golden Globe. Ogni pellicola di Wes Anderson crea un universo vero e proprio, a sè stante, dove le dimensioni temporali e spaziali sembrano autonomizzarsi dalla realtà.

L’universo de I Tenenbaum è fatto di personaggi grotteschi, carte da parati a fantasie colorate, una ricca villa familiare elegante e raffinata, e di tutti i movimenti che proprio in quel luogo si trovano a convergere, sempre e comunque. Una commedia da non perdere per nulla al mondo, appuntamento fisso per ogni appassionato di cinema che si rispetti.

Eli: I always wanted to be a Tenenbaum.                                 Royal: Me too, me too.”