JEUX D’ENFANTS – AMAMI SE HAI CORAGGIO

All’inizio di tutto è, questa volta, una scatola. Se alla domanda “Giochi?” la risposta è “Gioco.”, tra i due individui contraenti il patto si crea un legame dalla solidità sorprendente. Troviamo questa semplicissima regola nella mente dei due protagonisti di“Jeux D’Enfants”, film del 2003 scritto e diretto dal cineasta francese Yann Samuell.

Sophie Kowalsky (Marion Cotillard) è una bambina introversa e triste, costretta a vestire i panni di un’infanzia trascorsa tra la tutela della sorella maggiore in una squallida palazzina di periferia, e le angherie subite a scuola dai compagni di classe, per via delle sue origini polacche.

L’incontro provvidenziale con Julien Janvier (Guillaume Canet) avviene un giorno, fuori da scuola, quando lui riesce a dissipare la tristezza dell’ennesima umiliazione subita dalla bambina donandole una scatola.

Una scatola di latta raffigurante una giostra di cavalli, a sua volta ricevuta dalla madre malata di cancro, affranta dalla tristezza del figlio, e desiderosa di donargli un oggetto che potesse distrarlo.

La vita di Julien appare infatti non meno complicata di quella della coetanea Sophie, condizionata da una drammatica situazione familiare, causata per l’appunto dall’improvvisa, grave malattia della madre e dall’ingiustificata durezza del padre, indiscriminatamente rigido con il figlio, nonostante egli si mostri simpaticamente esuberante.

Ad iniziare tutto, dunque, proprio il gesto disinteressato di un bambino, consapevole del potere di un oggetto come la sua scatola di calmare le lacrime altrui.

Con questa sorta di passaggio di testimone si crea tra Sophie e Julien un legame propriamente sacro, che obbliga con religiosa osservanza entrambi a commettere un atto audace (se non una vera e propria idiozia) ogniqualvolta la scatola passa da una mano all’altra portando con sé una sfida, ogniqualvolta dunque alla domanda “Giochi?”, la risposta è affermativa. Da questa premessa prende le mosse il delirio del quale ogni fotogramma della pellicola risulta intriso fino al midollo.

La regia eccezionale di Yann Samuell cala il mondo dei due protagonisti in un’atmosfera onirica, dai colori che necessariamente rimandano alla messa in scena di Jean-Pierre Jeunet ne “Il Favoloso Mondo di Amèlie”, presentando allo sguardo inevitabilmente stranito dello spettatore, sequenze che procedono in bilico sul sottile filo che separa realtà e immaginazione.

Come il gioco innescato dal primo passaggio della scatola condiziona la vita dei protagonisti fino a divenire la loro vita stessa, così ciò che si vede sullo schermo appare a seconda delle occasioni come una visione infantile o matura dei personaggi, o come eventi reali che accadono loro.

E’ dunque uno scenario di ricordi, visioni e pensieri quello che circonda Sophie e Julien, il cui rapporto inizia a consolidarsi a suon di marachelle infantili, fino a divenire morboso attaccamento reciproco, un’ossessione che li condurrà al più folle dei gesti in un finale letteralmente incredibile.

“Sapete cos’è la perversione? È solo questione di gusto, come la cucina cinese, piace o non piace. Ciò non toglie che quando si è cinesi non si ha scelta!”

(Julien Janvier)

L’elemento portante sotteso all’intera pellicola è l’assoluta insensatezza dei gesti compiuti dai protagonisti, a tratti trascinati fuori dalla realtà in un Olimpo di follie, a tratti consapevoli della loro ambigua situazione di migliori amici ed innamorati, naturalmente votati all’autodistruzione.

Ogni loro scelta, che sia di Julien o di Sophie, non può infatti risultare condivisibile da alcuno spettatore, non in quanto impossibile immedesimarsi nei personaggi, ma in quanto l’intera messa in scena assume l’aspetto di un enorme allestimento dedicato non alla comprensione dello spettatore, ma a quella dei due protagonisti.

Tutto ciò che accade nel film è una tessera in più del mosaico destinato, alla fine, a far comprendere loro i gesti che hanno commesso nell’arco della loro stessa vita, creando un turbinio di azioni e sensazioni che assumono un senso solamente nel mondo fittizio della messa in scena.

Lo spettatore viene furiosamente e costantemente rigettato dai loro “jeux d’enfants”, viene messo alla prova visivamente ed emotivamente, motivo per cui al colpo d’occhio le azioni presentate sullo schermo possono apparire estremamente stupide.

Ciò che assolutamente lo spettatore non può comprendere è in quale momento termina il gioco ed inizia la vita, e viceversa. Una battuta scherzosa di Julien viene fraintesa da Sophie che lo abbandona, una frase seria e ponderata di lei causa in lui una reazione di puerile infantilismo, e così via, fino a creare una matassa di contraddizioni che plasma minuto per minuto il rapporto dei due innamorati.

Alla fine, appare chiaro dalla visione del film, nello scontro manicheo tra gioco e vita, la vittoria totale e schiacciante va al primo dei due contendenti. Tutto ciò che noi chiamiamo vita, tutti gli assi che la realtà sfodera dalla manica per soggiogare e soffocare il gioco, paiono sprecati di fronte alla delirante spirale della follia.

Il matrimonio, il lavoro, i bambini, persino la prosperità economica e dieci anni passati nella più totale separazione (sempre frutto dell’ennesima risposta, “Gioco.”) sono tentativi vani di separare Julien e Sophie, che giocheranno l’ultimo scherzo a se stessi, scegliendo l’unione perpetua ed infinita. L’ultima inquadratura, naturalmente, va alla scatola, ritratta mentre sbuca tronfia da una lastra di cemento armato.

“Jeux D’Enfants” è una pellicola senza ombra di dubbio originale e particolarissima nel suo genere, un film in grado di assumere spesso i tratti di una leggera commedia romantica, uniti allo spiccato umorismo pieno di ironia e non pochi elementi di depravazione.

Ciò che ne risulta è un’alternarsi di leggerezza ed inquietudine, con il risultato che tutto si potrebbe dire di questo film, tranne che non colpisce ognuno dei suoi spettatori. Alla regia sofisticata e spiccatamente francese nell’impostazione fa da spalla la performance attoriale eccezionale di Guillaume Canet e Marion Cotillard, divenuti coppia fissa anche nella vita privata proprio dopo questa comune esperienza sul set, e considerati una delle unioni più celebri ed apprezzate dal popolo francese.

Ogni battuta viene resa dai protagonisti con passione ed ironia, incorniciate da una grande espressività. Nonostante la traduzione italiana del titolo, “Amami se hai coraggio”, non renda appieno il senso della pellicola, chiama in causa un elemento fondamentale per la fruizione del film, ovvero il coraggio necessario ad accettare ciò che da questo film viene proposto sullo schermo.

“Jeux D’Enfants” è un prodotto cinematografico dall’innegabile qualità, nonostante necessiti di un piccolo sforzo intellettivo durante la visione. Da non perdere per la sua visionaria particolarità.

“Gli amici sono come gli occhiali, danno un’aria intelligente, ma si rigano con facilità e poi sono faticosi. Per fortuna a volte si trovano degli occhiali veramente forti. Io ho Sophie.”

(Julien Janvier)