Il 25 novembre 1970 Mishima Yukio, insieme a quattro uomini del Tate no Kai, il suo esercito privato, fa irruzione nell’ufficio del generale Mashita, del Ministero dell’esercito di autodifesa, prendendone il controllo.
Dal balcone dell’ufficio tiene un discorso, in cui esalta la figura dell’Imperatore come simbolo dello spirito del Giappone, e scaglia una dura critica nei confronti dell’asservimento all’occidente. Rientrato nell’edificio, compieseppuku, il suicidio rituale della cultura samuraica.
Lo stesso giorno, MIshima aveva portato al suo editore la versione finale de La decomposizione dell’angelo, l’ultimo capitolo della tetralogia Il mare della fertilità, il cui punto d’avvio è Neve di primavera.
Il romanzo tratta della commovente e tragica storia d’amore fra due giovani: Matsugae Kiyoaki, figlio di una ricca famiglia discendente dall’aristocrazia guerriera, e Ayakura Satoko, la quale invece è figlia dell’aristocrazia della Corte imperiale e incarna la bellezza tradizionale giapponese.
I due si conoscono fin da bambini quando, perché venisse educato secondo l’eleganza e la raffinatezza classiche, Kiyoaki viene affidato agli Ayakura; ma il loro amore non sboccia già in quell’occasione, sebbene il tempo passato insieme abbia dato loro una certa conoscenza l’uno dell’altra: Kiyoaki è un ragazzo che vive di “sensazioni ed emozioni”, e nonostante appaia costantemente apatico e disinteressato, egli prova in realtà una forte ansia nei confronti della sua vita alla quale vuole disperatamente trovare un senso; proprio per questo motivo attende qualcosa di fatale e inevitabile, che possa distruggere le sue incertezze.
Kiyoaki però, nonostante le sue riflessioni sulla vacuità dell’esistenza, è a tutti gli effetti ancora infantile negli atteggiamenti, e questa sue puerilità si manifesta allorquando, per non sembrare inferiore alla più adulta Satoko, egli mente facendole intendere di aver già avuto esperienze sessuali.
Convinto di essere in questo modo un passo avanti alla ragazza, rimane ancor più deluso e, soprattutto, irritato quando scopre che la sua bugia era in realtà già stata scoperta da tempo: la consapevolezza di essere stato trattato da Satoko come un bambino fa sorgere in lui una volontà di vendetta, che si sostanzierà nell’indifferenza che riserverà alla ragazza di lì in avanti, fino a che l’evento fatale e inevitabile tanto agognato non arriverà a smuovere nuovamente la brace del suo amore, che si tramuterà in fiamma ardente.
Satoko è infatti stata promessa sposa ad un principe cugino dell’Imperatore, cosa che avrebbe posto di fatto fine ad ogni loro velleità di amore. Eppure l’impossibilità del loro rapporto diventa spinta irrefrenabile, che porterà i due giovani ad incontrarsi di nascosto più e più volte grazie all’intercessione della vecchia governante della ragazza. I due consumano il loro amore, e benché sappiano che la loro relazione non possa avere futuro, sembrano poter essere davvero felici anche solo per poco.
È un altro evento fatale a distruggere questo fragile rapporto: poco prima della data delle nozze con il principe imperiale, Satoko si scopre incinta di Kiyoaki. La famiglia di lei è sconvolta, e temendo lo scandalo e l’umiliazione che avrebbero dovuto subire, i genitori decidono di portarla da Tōkyō ad Ōsaka per farla abortire in gran segreto. L’operazione va a buon fine ma, sulla via del ritorno, durante una tappa ad un tempio di Nara, Satoko matura la fatidica decisione di prendere i voti e farsi monaca.
Sconvolto dalla notizia, Kiyoaki elude la strettissima sorveglianza a cui era stato sottoposto dalla sua famiglia e si dirige verso Nara, con la speranza di poter vedere ancora una volta la sua amata. Giunto al tempio, però, gli viene rifiutato questo desiderio, e nonostante egli torni per più giorni, a discapito della sua stessa salute, la risposta che riceve è irremovibile. Distrutto nell’animo e nel fisico, muore dopo due giorni dal suo ritorno a casa, all’età di vent’anni.
Oltre ai due protagonisti, la terza figura centrale del romanzo è quella di Honda Shigekuni, compagno di scuola e amico di Kiyoaki. Diametralmente opposto come carattere, Honda è lucido e razionale: figlio di un magistrato e intenzionato a ripercorrere le orme paterne, può essere considerato il vero protagonista della tetralogia mishimiana: è infatti l’unico personaggio che ritroviamo per tutti i quattro romanzi, spettatore più che agente delle vicende a cui assiste.
Kiyoaki e Honda sono indubbiamente figure antitetiche, l’uno rappresenta l’istinto e le emozioni, l’altro l’intelletto e la ragione, e questa loro opposizione (che è anche complementare) è funzionale allo scrittore per dare la sua interpretazione dicotomica della realtà, dicotomia che si ritrova nella natura di Mishima stesso.
Honda è importante ovviamente anche ai fini dello svolgimento della trama: è infatti lui a recarsi a Nara in aiuto dell’amico ormai in fin di vita per un ultimo disperato tentativo di convincere la badessa del tempio a concedere un incontro fra i due giovani amanti.
Ed è sempre a lui che sono rivolte le ultime parole di Kiyoaki, il quale gli confida di aver fatto un sogno e che i due si rivedranno, in futuro, sotto ad una cascata. Questo è uno dei, se non il, tema fondamentale dell’intera tetralogia: la reincarnazione.
Nei volumi successivi, infatti, Honda sarà testimone di quelle che lui ritiene essere le nuove incarnazioni dell’amico, cercando attivamente di salvarle da quello che sembra un inevitabile destino: la morte una volta sopraggiunti i vent’anni.
Nel romanzo lo stile di Mishima, che già poco più che ventenne si era imposto sulla scena letteraria per la consapevolezza dei suoi mezzi e la sua capacità di sfruttarli magistralmente, raggiunge la piena maturità, dando vita ad un’estetica figlia della tradizione giapponese ma anche debitrice di un attento studio della letteratura occidentale.
La sua ossessione per la bellezza si ritrova nella ricercatezza delle scene create, nella precisione delle descrizioni e nell’uso sapiente di metafore e similitudini capaci di portare alla mente del lettore immagini di magnifica decadenza.
Bellezza, amore, tradizione e morte sono i capisaldi dell’intera opera mishimiana, e si ritrovano tutti in Neve di primavera, un romanzo capace di risultare ricercato ma non manieristico, in cui l’attenzione per la sublimazione del bello non si raggiunge a discapito della psicologia dei personaggi, la cui profondità e complessità è garantita non solo attraverso monologhi e dialoghi, ma anche (e forse soprattutto) dalle loro azioni.
Sebbene la scrittura di Mishima possa risultare ad un primo approccio artificiosa, chi non si lasciasse scoraggiare potrebbe apprezzare appieno un autore conosciuto più per la sua vita (e morte) che per le sue opere, alcune delle quali, e Neve di primavera è fra queste, si elevano al rango di capolavori della letteratura non solo giapponese, ma mondiale.