VICKY CRISTINA BARCELONA – PERCHÉ L’AMORE È COSÌ DIFFICILE DA DEFINIRE?

Perché l’amore sia così difficile da definire è la domanda che aleggia durante tutto il film e ciò che mi ha spinto a scrivere questo articolo, a dispetto della critica. Vicky Cristina Barcelona è stato accolto freddamente poiché considerato meno originale e divertente rispetto agli altri capolavori del regista newyorchese Woody Allen.

Apprezzando tutto ciò che stimola il mio pensiero, io invece considero questo film una delicata analisi di uno dei temi più difficili e consumati: l’amore e i suoi confini.

Il cinema, la letteratura, la musica e tutto il mondo dell’arte in generale parla di amore in continuazione, e così fa ognuno di noi. Siamo, insomma, un po’ tutti alla ricerca del grande amore. Nonostante ciò, alla domanda “qual è la tua definizione di amore?” sono convinta che il nostro animo vacillerebbe.

Viviamo, tuttavia, in tempi in cui quesiti come questi diventano assai importanti, per via dei notevoli cambiamenti che stanno avvenendo, delle grosse aperture che il nostro sistema sta compiendo e, al contempo, dei freni che permangono.

Vicky Cristina Barcelona racconta la storia di due turiste americane che passano l’estate a Barcellona, un’estate che si rivelerà passionale e intrigante attraverso lo snodarsi di due differenti triangoli.

Il tutto è accompagnato da una seducente Barcellona, così presente nello sguardo del regista da diventare essa stessa personaggio del racconto, o meglio luogo dei delitti d’amore che si compiono.

“Mi sembra così evidente che tu e Juan Antonio siete ancora innamorati quando vi vedo insieme.”

“Il nostro amore durerà per sempre, ma non funziona. Ecco perché sarà per sempre romantico. Perché non arriva ad essere completo.”

“Forse non può essere completo perché ci sono io di mezzo…”

“No, prima del tuo arrivo io e lui ci causavamo molto dolore e molta sofferenza, senza di te tutto questo non sarebbe possibile, e sai perché? Perché tu sei l’ingrediente che manca, sei come la mezzatinta che, aggiunta alla tavolozza, rende il colore bellissimo.”

(Cristina e Maria Helena)

Il film non si chiude con una vera e propria e risposta alle domande che pone, ma forse proprio perché, come dice Maria Helena, uno dei personaggi più forti e interessanti del film, nonché vera e propria musa in grado di influenzare tutti gli altri, “esistono più verità”.

Il punto è che forse l’amore è effettivamente indefinibile: indefinibile nel senso che non può essere definito, ossia non può essere confinato all’interno di una forma precisa e determinata, ma anzi fluire continuamente nella sagoma che ognuno di noi gli dà.

E questo significa aprire la nostra mente alla possibilità di riconoscere amore anche laddove era impensabile, imparare a non etichettare per non restringere e soffocare la potenza di un sentimento che può invece essere autentico.

“Beh, allora diciamo che sei bisessuale?”

“Non vedo il motivo di etichettare ogni cosa, io sono io.”

(Doug e Cristina)

Forse anche cogliere la componente aleatoria dell’amore, un sentimento così flebile e fragile da svanire nell’istantanea di un momento. Ciò che è stato per noi può non esserlo per l’altro, ciò che è stato può non esserlo in futuro, ogni cosa muta e vacilla continuamente nel balletto di sentimenti che è la vita.

“Sei molto religioso?”

“No, per niente. Il trucco è di godersi la vita, accettando che non abbia alcun significato.”

“Nessuno? Secondo te neanche un amore autentico dà significato alla vita? “

“Sì, ma l’amore è così aleatorio, non credi?”

(Cristina e Juan Antonio)